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La dinamica produzione-consumo, se escludiamo le guerre di periferia necessarie alla vendita di armi, ha permesso al mondo di vivere in pace dal dopoguerra ad oggi. A causa della crisi qualcosa è però cambiato, il gingillo sembra non funzionare più e sono in molti a cercare di ripararlo; nel frattempo, consumi e produzione ristagnano. Uno dei fattori responsabili della crisi, a mio avviso, è un fenomeno che gli analisti hanno opportunamente trascurato, almeno fino a oggi: l’aumento della vita media. Non si può d’altronde pretendere che gli esperti dicano tutta la verità nei rapporti che forniscono ai politici loro clienti; gli addetti ai lavori lo sanno: dalle evidenze degli studi e delle proiezioni statistiche si devono prendere le “verità” che il cliente è in grado di gestire e solo su quelle, costruire l’Analisi. A un politico disonesto e corrotto, per esempio, non puoi proporre d’intercettare la domanda di equità e correttezza che sta crescendo con la geometria di un’onda venuta da lontano; meglio puntare sulle tendenze di una consistente quota di giovani leve che barattano volentieri il cervello con telefonino e derivati, inserirsi nei Social network e contaminarli col marketing prima che diventino ciò che dovrebbero essere, e cioè delle piattaforme di libera condivisione di informazioni, idee e relazioni umane. A un politico della cosiddetta Sinistra, di contro, non puoi dire che il modello di welfare europeo non potrà reggere ancora per molto. Non è necessario essere degli esperti per capire verso quale mondo stiamo andando: è sufficiente classificare gli investimenti pubblicitari per ottenere la Top-ten dei bisogni di cui si nutrono gli esperti di marketing. Tra non molto, qualche genio ambizioso, o forse sarà un eminenza del mondo accademico, si accorgerà che il sistema non risponde più, che i consumi non possono aumentare a prescindere dalla distribuzione del reddito disponibile e che, in altre parole, non potremo più spendere il denaro che non possediamo oggi ma che potremmo avere domani, perché il “domani” è incerto, precario, non fornisce garanzie sufficienti, non ha più credito.
Pare incredibile ma fino a ieri era proprio così: non solo si comprava e si rivendeva il debito di chi accendeva un mutuo, ma si comprava e rivendeva un debito che non sarebbe mai stato onorato a causa dei debitori che non guadagnavano abbastanza per sopravvivere e pagare le rate del mutuo. Tralasciando gli attori e le dinamiche che hanno gonfiato la bolla speculativa all’origine della crisi, il fatto è che il futuro, oggi, non vuole comprarlo nessuno perché fa paura. Il futuro che c’era in passato ce lo siamo venduto da un pezzo e, quelle poche migliaia di persone nelle cui mani si concentra la ricchezza del pianeta dovranno fare qualcosa per pianificare il loro di futuro.
Comprare e vendere il destino e il futuro delle generazioni ancora da venire è stato forse il più americano di tutti i sogni che si sono trasformati in un incubo. Se a qualcuno sembra che io esageri, provi a farsi una passeggiata in riva al mare e riflettere sui milioni di vite umane sacrificate sull’altare di quella democrazia di cui gli anglosassoni si sentono depositari. A coloro ai quali questi “milioni di vite umane” fanno poco effetto, forse perché troppo esotiche e anonime, consiglio di valutare l’aspetto economico dell’imperativo occidentale di dover “esportare la democrazia”: sono tanti, ma veramente tanti i miliardi di dollari tolti dalle tasche dei contribuenti e finiti in quelle delle multinazionali che hanno fatto della guerra il loro mercato.
E la cara e vecchia Europa come uscirà dalla crisi? La risposta è che non lo sa.
La veneranda madre dell’Occidente che ha sparso i suoi “armati figli” in tutti gli angoli del mondo con la scusa di portare la religione e la civiltà a popoli che ne facevano volentieri a meno, adesso sembra vacillare; ora l’accusano di essere diventata l’area debole del sistema economico e finanziario mondiale. L’Europa, geneticamente complessa e bizzarra come un ornitorinco, stenta a riprendersi dalla crisi finanziaria perché l’economia non “tira più” da quando  le cazzate fatte da quelli che venivano osannati come i maghi della finanza hanno svuotato le tasche della classe media. Temo che un giorno gli esperti suggeriranno di tagliare i rami secchi della società, le classi più povere che hanno superato la soglia dell’indigenza. Così facendo, tagliando un certo tipo di spesa pubblica, ci sarebbe più linfa per rivitalizzare l’economia e far ripartire i consumi.
E dei vecchi, quelli che non hanno nemmeno i soldi per mangiare, i malati cronici, i disabili, che ne facciamo? Li abbandoniamo al loro destino? Li lasciamo soli e disperati nel loro brodo di miseria augurandoci che abbiano il buon gusto di morire in fretta?
Nessun politico risponderà mai chiaramente a questa domanda; ma sono certo che qualche scientifico tirapiedi abbia già fatto i conti di quello che costano alla Previdenza e alla Sanità: un vero tesoro, altro che “tesoretto”.
Se il genio di cui temo l’avvento verrà, prevedo che affronterà e risolverà il problema senza sollevare polveroni mediatici: oggi un piccolo taglio qui, domani un colpetto agli esentati dal pagamento dei ticket sanitari, magari allungando i già impossibili tempi d’attesa per un esame diagnostico. Ecco la magia che risolverà il problema: togli oggi, togli domani, dopodomani un’altra goccia d’acqua in meno agli assetati e ci penserà la natura a fare il suo corso. Costretti ad alimentarsi con prodotti industriali di basso prezzo ma pieni di porcherie e impossibilitati di fatto a curarsi con terapie adeguate, i nostri vecchi, sempre più poveri e sempre più malati, vedranno diminuire la loro aspettativa di vita. Meno pensioni, meno costi per la sanità, meno costi per l’assistenza sociale e più risorse per le imprese e la ripresa dei consumi.
“Fine della seccatura”, dirà il genio mentecatto di turno rivolto ai suoi padroni.
Solo fantapolitica? Forse. Vedremo…