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Tratto da: Il sogno blu

[…] A lui piaceva viaggiare in treno quanto detestava volare: insopportabile la tensione percepita entrando nell’aereo che terminava solo al termine dell’atterraggio.
Durante il volo non riusciva nemmeno a pensare; sempre con i sensi in allerta, bastava una minima variazione di regime dei motori o scricchiolio della struttura per farlo fantasticare: la data di costruzione dell’aereo, le condizioni psicofisiche del pilota, la situazione meteorologica e domande simili che rendevano il viaggio un supplizio. Era stupido aver paura di volare e lo sapeva: tutte le statistiche confermavano l’aereo come il mezzo più sicuro per viaggiare. Il problema nasceva dal non sentirsi rassicurato dai numeri, perché nel caso in cui si fosse malauguratamente trovato in quella piccolissima percentuale d’incidenti, le stesse statistiche lasciavano poche speranze di sopravvivenza.
E poi, l’idea di morire in quel modo non riusciva ad accettarla. Per alcuni poteva essere consolante il pensiero di andarsene così, senza quasi avere il tempo di rendersene conto, ma a lui quella prospettiva proprio non piaceva. Quando sarebbe giunto il suo momento avrebbe voluto viverlo lottando contro la paura fino all’ultimo respiro, fino all’estremo imperscrutabile pensiero della mente, teso a percepire l’attimo in cui avrebbe conosciuto la vera pace e, forse da un’altra dimensione, osservato il primo granello di polvere volteggiargli intorno e posarsi sullo specchio opaco di uno sguardo che non rifletteva la vita.
In treno poteva leggere, scrivere, oziare, guardare dal finestrino i campi, il mare, le finestre illuminate delle case. Da un treno in corsa nella notte, il mondo appariva come una sequenza di fotogrammi luminosi sovrimpressi sull’oscurità; quando invece il treno rallentava in prossimità di una stazione, dalle finestre delle case vicine alla ferrovia coglieva frammenti di vita domestica; immagini di esseri umani senza storia intraviste per un breve istante dal suo sguardo

Ho viaggiato molto in aereo e continuo a farlo, anche se barca, nave e treno rimangono i miei miei mezzi preferiti. Mi piace interagire lentamente con la realtà, osservare le mie percezioni che galleggiano come ninfee nel flusso del tempo. Lascio volentieri la rapidità al fulmine, alla zampa del gatto, a chi è inseguito dall’ombra di un ricordo.