Da un articolo “La genetica del giudizio morale” pubblicato su My genomiX, sembrerebbe che ci portiamo dalla nascita una maggiore o minore “capacità” di giudizio morale. A sostegno di questa tesi, l’articolo cita uno studio pubblicato su PLoS ONE. Sembrerebbe dunque che il livello di sensibilità morale richiesto da specifici comportamenti sia in relazione con la sequenza promotore del gene (5-HTT). Per la scienza, il gene in questione è conosciuto per la sua proprietà di trasportare la Serotonina: quella fantastica droga naturale dell’umore rilasciata dalle cellule nervose opportunamente stimolate. Ai partecipanti del test è stato chiesto di scegliere tra due opzioni che avrebbero comportato la perdita di cinque vite umane in un caso, e solo una nell’altro. Oltre che alla rilevanza quantitativa, la scelta è stata facilitata dal sapere che la persona singola è un aspirante suicida, uno che si trova in quella situazione per sua scelta.. Poi è stata riproposta la stessa scelta e sempre in un rapporto di 5 a 1 ma in un diverso contesto: la singola persona non era un aspirante suicida ma uno qualsiasi che il caso aveva coinvolto. La scelta, in questa situazione, non è scontata come nella precedente, perché prima si trattava di scegliere tra cinque vite e quella di uno che voleva morire di suo, mentre adesso la nostra scelta causerebbe la morte di un innocente che ha solo il torto di trovarsi in minoranza. Come sintetizza efficacemente l’articolo, da effetto collaterale dell’aver scelto il male minore, la nostra azione procurerebbe un danno intenzionale a qualcuno.
Dallo studio emerge che la variabilità genetica del (5-HTT) sarebbe all’origine di un diverso grado di sensibilità verso l’impatto morale delle nostre azioni: come dire che c’è chi fa una conta pura e semplice delle vite umane in gioco, ne ammazza una e se ne va tranquillo a dormire e chi invece soffrirà del senso di colpa per aver ucciso comunque qualcuno che non aveva intenzione di morire.
Per dirla con la signora della porta accanto: c’è chi riesce a fottersene degli altri e chi no.
Certo mi piacerebbe scaricare la coscienza dal peso dei peccati di gioventù, ma credo che la genetica contribuisca a definire ciò che siamo in misura inversamente proporzionale all’esperienza vissuta; se è così, la dotazione genetica ci mette sul percorso in un “certo modo” che può differenziarci per come elaboriamo la realtà, quindi posso accettare che alcuni di noi nascano con una maggiore o minore sensibilità verso gli altri. Credo tuttavia che ciò che esprimiamo di noi stessi nelle scelte e nei comportamenti dipenda in misura maggiore dalle variabili ambientali: dall’imprinting indiretto (l’ambiente, l’educazione, l’informazione, la cultura) e da quello diretto, interno, quello generato dai processi cognitivi che orientano il nostro pensiero.
A proposito di pensieri, ne ho uno carino in mente: mi piacerebbe fosse obbligatorio sottoporre i Vigili Urbani al test del DNA, per mandare in strada solo quelli con la variabile genetica “giusta”.