Giusto per capirsi, è riduttivo e semplicistico dividere l’umanità in cattivi e buoni, perché tra questi apparenti opposti ci sono innumerevoli e variegate posizioni intermedie, situazioni contingenti nelle quali è difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra gli uni e gli altri.
Nel nostro tempo così generoso verso chi si dedica a pettinare i peli del culo al gatto, le generalizzazioni sono bollate di pressapochismo, superficialità: hanno ragione gli esegeti delle acconciature alla moda, ma solo quando l’intento è di sfruttare uno strumento di semplificazione per convincere i gatti a farsi pettinare. Generalizzare per mettere a confronto ciò che appare in opposizione, è a volte il modo più rapido per uscire dalla giungla dei distinguo che confondono la visione dell’insieme.
Le brave persone le riconosci subito: sono quelle che stanno attente a non pestarti i piedi neanche per sbaglio e, se accidentalmente accade, non si vergognano di ammettere la colpa e chiedere sinceramente scusa. Affettuose e protettive verso i famigliari, sempre pronte a rispondere alla chiamata di un amico, le brave persone sono ben disposte verso la vita in genere; è gente che lavora sodo, paga le tasse anche quando potrebbe eluderle e si comporta onestamente con tutti, a prescindere.
Come riconoscere le brave persone persona di primo acchito? Non è difficile: scelgono senza esitazione l’uovo, fanno sempre il passo un po’ meno lungo della gamba, così da risparmiare qualcosa per i tempi duri se mai dovessero venire. Nel piccolo e solido mondo delle brave persone le cose sono semplici: bianche o nere, alcune per l’eternità, altre invece, possono anche cambiare di stato a seconda delle circostanze, perché le brave persone sanno adattarsi e, se il caso lo richiede o lo dice il prete, cambiano parere con innocente disinvoltura digerendo le contraddizioni senza ricorrere agli antiacido. Alcuni di loro, i più fortunati, nascono bene, crescono serenamente nel cortile di casa, si riproducono e godono fino all’ultimo dell’affetto di tutti; per spegnersi infine nel proprio letto, dolcemente, senza causare disagi, paghi di aver costruito un ponte verso il futuro per i propri figli. Non inquietateli con l’idea che uno dei figli sarà un fottuto egoista e che quel ponte costruito con i sacrifici di una vita lo userà per convincersi di essere un eletto cui tutto è dovuto: mai dir loro la verità, sarebbe come bucare gli occhi a un passero…
“[…] Dall’Ottocento il solipsismo, rigorosamente inteso, è la posizione teoretica che assume la coscienza empirica, individuale, come fondamento di ogni forma di conoscenza: inizialmente connesso all’idealismo soggettivo, cioè alla dottrina che risolve ogni realtà nei contenuti soggettivi, particolari, della coscienza, è parzialmente superato nell’idealismo trascendentale di I. Kant, che considera l’autocoscienza pura dell’«io penso» come fondamento universale e oggettivo del conoscere, cui tuttavia è ancora contrapposta la realtà autonoma della «cosa in sé»; il suo completo superamento avviene solo nell’ambito dell’idealismo oggettivo, in quanto posizione filosofica che elimina ogni contrapposizione tra la coscienza e la realtà.” (Treccani)
Lasciamo le brave persone a compiacersi del panorama e proviamo a entrare nella vita dei solipsisti, questi talvolta loschi figuri che pongono se stessi al centro dell’universo; inveterati egoisti le cui azioni hanno un solo scopo: la soddisfazione del proprio Ego.
Giusto per aggiungere altra carne al sacro fuoco che illumina le aule dei tribunali, assumo la difesa d’ufficio dei solipsisti e contesto che l’egoismo sia un reato, trattandosi di comune denominatore degli esseri umani inscritto nel pattern istintuale: supervivere docet.
Proviamo a ribaltare la fin troppo scontata sentenza sul solipsismo, postulando che sia norma biologica invece di patologia dell’anima o della mente e che, “le brave persone”, costituiscano l’eccezione mediata da un qualche agente ambientale, culturale, piuttosto che da altruismo derivato da processi psichici troppo fermentati. Quanto all’assunto del Solipsismo ante “idealismo soggettivo“, trovo sensato collocare il fondamento della conoscenza nella coscienza empirica: è molto più onesto che trasfigurare le cacche degli uccelli sul sagrato della chiesa in lacrime dei Santi.