Stiamo subendo una pressione cross-mediale senza precedenti e la schiera di chi crede di aver capito tutto diventa sempre più folta e arrogante, per cui, se le tue idee rispetto a come vanno o dovrebbero andare le cose non sono “classificabili”, le interazioni sociali si riducono alla sfera degli affetti.
La scelta di vivere su una barca virtuale consente di mollare gli ormeggi dal pontile delle opinioni quando mi pare, a prescindere dal soggetto che le esprime. E comunque, per quanto stimi il solipsismo una non-posizione di tutto rispetto, non credo di di subire una deriva verso la misantropia perché ho sentimenti variegati nei confronti dell’umanità. Quello che sento, penso e scrivo segue la rotta tracciata dall’empatia verso alcuni e, di contro, dall’irritazione verso altri. Evito come gli scogli quelli che si lamentano con lo psicologo perché non coinvolge il gatto nelle sedute terapeutiche familiari; i fuori di testa invece, m’intrigano assai, ma non ho abbastanza coraggio per interagire con loro. Mi stanno a cuore gli esseri umani che vivono ai margini del recinto; accampati in malo modo sulla spiaggia con l’occhio fisso sulle navi che lasciano il porto; quelli che lottano ogni giorno per rimanere se stessi in un mondo che li violenta sistematicamente nei sogni e nei sentimenti per indurli a scegliere qualcosa sulla mensola di un supermercato; non importa cosa, purché stia sulla mensola, dove ce n’è anche per chi rifiuta di considerare l’amore “un effetto collaterale”. C’è di tutto e di più, sulla “mensola”.
A chi si chiede: “Possibile che la stragrande maggioranza ci trovi di che soddisfare tutti i suoi bisogni mentre io non sono mai contento?”, offro solidarietà. Al marinaio che incrocia la mia rotta con la barca malconcia regalo alcol, caffè e tabacco, oltre ai “materiali da riparazione” di cui dispongo.
Non credo che ciò di cui abbiamo bisogno si possa trovare sulle mensole dei supermercati, ma nemmeno nelle emozioni generate dalle “perturbazioni”. Il meglio che possa capitare a chi va a caccia di perturbazioni è superarle. Molti non ce la fanno.
Per chi sceglie di navigare nel tempestoso mare del concepibile, riflettere non è farsi delle pippe mentali: è vitale. Il rischio che corrono i professionisti degli stati perturbati è che manchi loro sempre qualcosa per sorridere alla propria immagine riflessa nello specchio e che, nonostante il frenetico passare da una perturbazione all’altra, la prua non sia mai sazia di sale e di frangenti. Ho conosciuto valenti marinai ridursi a cercare aiuto nel reparto “Insoddisfatti”, dove psicologi di chiara fame, profondi conoscitori di tutti i supermercati del pianeta, riuscivano a convincerli che la causa del problema era quell’ostinato volere andar per mare. Anche per i neurogorghi da senso di colpa c’è rimedio rivolgendosi al negozio giusto e, con l’offerta speciale: “Paghi Uno e prendi Tutto” (quella dell’ansiolitico con le croci sulla confezione) non c’è problema che non troverà la sua soluzione già bella e pronta…
Forse quello che cerchiamo è la chiave per capire l’universo nel quale stiamo sperimentando questo meraviglioso sogno che è la vita; le parole che mancano a i sentimenti per controbattere alle follie della ragione.