Herman Melville, nel capitolo XXIII del romanzo Moby Dick – La costa sottovento – racconta di un timoniere di nome Bulkington, incontrato da Ishmael (l’Io narrante) in una locanda di New Bedford, nella regione sud-orientale del Massachusetts. Ishmael è sorpreso di vederlo al timone del Pequod che era appena salpato da Nantucket, perché Bulkington era da poco sbarcato dopo quattro anni di mare su una baleniera e, invece di godersi il meritato riposo, si era subito imbarcato per un altra lunga e rischiosa avventura.
Nelle poche righe che Melville dedica alla scelta dell’inquieto timoniere: “le memorie profonde non prevedono epitaffi; questi sei pollici di capitolo sono la tomba senza lapide di Bulkington“, l’Autore coglie l’intima essenza del marinaio: che non è solo amore per il mare, il vento e l’avventura, ma qualcosa di più; è la forza misteriosa che agita le coscienze degli esseri umani che rinunciano alla rassicurante fiamma del focolare per inseguire un sogno; è la mano invisibile che fa ruotare la nostra mente finché lo sguardo inquadra l’orizzonte più lontano; la voglia di farsi spogliare dal vento di tutto ciò che ci lega alla terra e allontanarci, onda dopo onda, dalle voci che ogni giorno mettono in scena la nostra identità.
Nella metafora della nave che “vaga in balia della tempesta lungo la costa sottovento” si leggono le paure e le sofferenze di chi si trova ad affrontare i terribili venti incrociati della Ragione e dei Sentimenti e guarda le luci del porto che brillano sulla costa: “Il porto le darebbe soccorso volentieri; il porto è caritatevole; nel porto c’è salvezza, comodità, cena, coperte calde, amici e tutto ciò che è gradito al nostro corpo mortale...” In questa splendida e commovente introspezione, cos’altro rappresenta il porto se non il consenso della comunità, l’alito caldo e rassicurante del gregge? E come possiamo rincuorare quella parte di noi stessi che soffre quando si trova a dover affrontare da sola le proprie tempeste ma nonostante ciò sceglie il mare aperto?
Melville indica la rotta con queste poche righe, dritte e taglienti come la prua di una nave: “Ne sei consapevole ora Bulkington? Riesci a cogliere qualche barlume di quella verità intollerabile per i mortali: che ogni pensiero profondo e onesto non è altro che lo sforzo coraggioso dell’anima per mantenere l’aperta indipendenza del proprio mare, mentre i più selvaggi venti di cielo e terra cospirano per rigettarla sulla costa perfida e servile?”
(Herman Melville, Moby Dick, traduzione di Lucilio Santoni)