Lo sanno bene i marinai e i surfisti, che le osservano per capire in anticipo come orientare la prua all’incontro con quelle più alte.
Strana gente i surfisti: marinai anche loro, ma con un’ossessiva predilezione per il contatto fisico (forse sessuale) con il mare e il vento, che talvolta li fa sembrare degli esaltati cronici. Anche se il tempo mi ha reso tondo e levigato come uno scoglio dove nemmeno le patelle s’attaccano, non ho dimenticato che per quasi dieci anni ho inseguito il vento su tutta la costa nord occidentale della Sicilia; estate e inverno. Non ero un granché come wind-surfista: quanto bastava però per godere come un riccio quando la tavola partiva in planata. E comunque, per le malelingue, avevo quasi quarantanni quando ho iniziato. Una bella storia, forse la migliore di quelle vissute in gruppo, anche se i surfisti, con e senza wind, sono più “gatti” che esseri umani. Solo un bel vento teso può riunirli e tenerli insieme. Quando li vedi sulla spiaggia che si lisciano reciprocamente il pelo in attesa del vento e delle onde, verrebbe da pensare che siano amici ma, in acqua, ognuno è per sé e per il corridoio di mare che si è conquistato. Ognuno è per sé come accade quasi sempre nella vita, se abbiamo la pazienza di attendere che la spuma dell’apparenza si dissolva.
Tra poco è l’alba: l’ora migliore per dormire dopo una notte in mare, se non sei di turno per portare il pesce al mercato.
Come l’onda che s’innalza quando si approssima alla prora, pronta a colmare il vallo di quella che già scivola sotto la chiglia, anche i pensieri sembrano legati tra loro dalle maglie di un’invisibile quanto ineluttabile catena.
Onde e pensieri che corrono e s’inseguono nella notte senza mai incontrarsi.
Beviamoci un Gordon.
E in culo agli ombrelli.