Osservo l’uomo che passeggia in strada sotto il mio balcone; lui alza la testa e mi guarda mentre diventa sempre più alto. Sento che potrebbe essere una minaccia: sembra abbia capito che mi sono accorto di lui e mi guarda negli occhi. Diventa sempre più alto e registro che porta una bombetta: assomiglia a una figura di Magritte… L’uomo mi rivolge uno sguardo privo di intenzioni ma saturo d’intento. Adesso temo voglia salire sul balcone. Nello stesso istante in cui sento in bocca il sapore della paura, l’uomo si trasforma in un bellissimo gatto siamese: grosso e col pelo molto lungo per la sua razza; salta sul pavimento di marmo del balcone e lo attraversa di corsa sotto il mio sguardo. La vista del gatto mi rasserena; la scena cambia: adesso sto ammirando una gigantesca onda blu col frangente spumeggiante. Riconosco l’onda: l’ho vista nell’Oceano Atlantico durante una traversata. Perdo per un attimo il contatto col sognante e lo ritrovo al timone di un vecchio sloop di legno che lotta per risalire il vento: so che devo guadagnare il punto di virata del bordo che mi condurrà in porto. Guardo le vele e vedo che sto navigando con la sola randa. Il tempo è scuro; vento rafficato da dieci a venti nodi; pioviggina e il moto ondoso è apprezzabile, onde lunghe di tre-quattro metri al mascone di dritta rallentano la debole velocità. Ho la sensazione che qualcosa non vada nella barca e mi chiedo per quale ragione non sia stato issato il fiocco. Ancora una transizione del sognante che rientra in scena sulla spiaggia di uno stabilimento balneare della mia infanzia. Alla mia destra c’è un gruppo di pescatori e numerosi gozzi genovesi tirati a riva; sulla sinistra, un lungo tendone arancione largo un paio di metri discende dal tetto dello stabilimento balneare fino a riva. Sembra uno di quei tendoni che usano i pompieri per le evacuazioni dall’alto. Il pescatore più anziano mi indica il tetto dello stabilimento e una sagoma scura salta dal tetto sul tendone a pochi metri da me. È un gattone col pelo nero e maculato di chiazze color visone ma è grande quanto un puma. Per un instante incrocio lo sguardo dell’animale e lo riconosco: è un gatto con cui ho condiviso quasi vent’anni di vita. Le dimensioni del gatto m’intimoriscono, ma ha uno sguardo dolce, consapevole e mi sento sorridere.
«È una giovane pantera…» dico al pescatore più anziano che annuisce…
Questo sogno appartiene al mio archivio personale di Sogni Lucidi, come vengono chiamate quelle singolari esperienze oniriche nelle quali si è coscienti di stare sognando. In Rete è possibile trovare numerosi riferimenti, anche se nutro dei dubbi in merito alle tecniche proposte da alcuni siti per ottenere il “controllo” del sogno. Non esiste una sola scienza che si occupi di questi fenomeni, perché il metodo scientifico non può essere impiegato per rilevarne tutte le occorrenze. La letteratura che si può trovare è spesso controversa e tende per lo più indagare le variabili neurologiche o psicologiche del fenomeno: osservazioni molto interessanti ma che non spiegano lo sdoppiamento psichico della consapevolezza in un entità costituita da un motore cognitivo e un’interfaccia sensibile: il Sognatore e il sognante. Cito solo Carlos Castaneda e il suo libro L’arte di sognare perché contiene molte informazioni sulle tecniche di controllo dei sogni sviluppate da antiche civiltà precolombiane. Il fatto che queste informazioni le abbia raccolte dalla tradizione orale e le abbia utilizzate miscelate a invenzioni narrative non rappresenta un’obiezione alla credibilità di quei testi, altrimenti si dovrebbe disconoscere La Bibbia come tale, considerato che ha preso corpo attraverso un processo analogo alle storie dello scrittore peruviano.
Sui sogni lucidi ho scritto una serie di tre romanzi che hanno come protagonista uno psicologo: Antonio Encara. Il primo è Il sogno blu; il secondo romanzo della serie: Les Demoiselles d’Avignon sviluppa un interessante concetto di Universo Psichico, basato sulla teoria che la psiche funzioni seguendo le leggi della fisica che governano la materia. Nell’Anteprima del libro potete leggerne un brano. Del terzo romanzo ne parlerò un’altra volta.
La metodica e le osservazioni del dottor Encara sono il prodotto di elaborazioni cognitive e percettive che integrano contributi concettuali propri e di altra appartenenza: è nei concetti che disegnano una visione strutturata del fenomeno che risiede il valore aggiunto, narrativo e cognitivo, che legittima il protagonista e la storia. Rispondo così a un’amica che mi chiedeva se quello che scrivo è realmente accaduto o solo invenzione. A beneficio della “signora della porta accanto” aggiungo che la risposta corretta è che esperienze reali e immaginazione stanno a una storia come la massa e l’energia con cui si manifesta la materia stanno all’universo. Continuare a utilizzare la logica deterministica nell’analisi della fenomenologia psichica equivale a voler misurare il mare usando un cucchiaio.
Per chi volesse saperne di più sui Sogni Lucidi, consiglio di cominciare da questo articolo pubblicato in: ” Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria” n° 30.