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Nel 2001, credo fosse intorno alla metà di Luglio, me ne stavo seduto su un muretto a pochi passi dal mare a godermi lo spettacolo del sole che tramontava. Sulla costa di Marina di Cinisi, quando per tutto il giorno ha soffiato una termica tesa da Levante, si forma una leggera foschia causata dai frangenti che hanno imbiancato il mare per tutto il giorno e si ha la sensazione di respirarne il sapore.
L’appuntamento col tramonto, in quelle occasioni, non era solo per ammirare le evoluzioni cromatiche del cielo e del mare, ma anche il mezzo per entrare in quel particolare stato di grazia che libera la mente dal tanto affettuoso quanto stritolante abbraccio della coscienza. Con la complicità di qualche vodka-martini e di quel dolce cazzeggio di fruscii, gorgoglii e sbuffetti che fa il mare calmo quando amoreggia con gli scogli, non è difficile spegnere il cervello. Il crepuscolo arrivava di solito alla fine del secondo calice, e mi trovava pronto a sbirciare da quella che Carlos Castaneda chiama la frattura tra i mondi: qualcosa di simile alla finestra che si apre quando si entra in un sogno Theta. Ne parleremo…
Mi trovavo dunque in questa particolare condizione mentale, quando un elettrone libero proveniente da sa Dio dove è entrato in collisione con uno dei miei: uno di quelli che orbitano vicino al nucleo dell’atomo di una cellula nervosa. Quell’elettrone girovago, probabilmente di basso ceto sociale considerata la notevole energia di cui disponeva, ha spedito su un’orbita più grande il mio elettrone che ha subito emesso un pacchetto discreto di energia; in altre parole un Quanto, che è stato codificato dalla mente con questo pensiero:
“Cosa ne verrebbe fuori se applicassimo le leggi delle fisica alla psicologia?”
Da quel giorno, ho cominciato a leggere libri che concettualizzavano la fisica moderna, scoprendo sempre più “concetti di fisica” che fornivano una descrizione suggestiva e plausibile delle dinamiche mentali. La Gravità descritta dalla fisica newtoniana è stata la prima Forza a suscitare il mio interesse, perché se ne potevano facilmente individuare gli effetti nelle interazioni relazionali. Ne ho trovate altre di possibili applicazioni della fisica alla mente. In seguito, ho letto che anche Jung aveva ipotizzato dei parallelismi tra fisica e psicoanalisi.
Continuo a leggere libri di fisica, anche se quello che riesco a capire è una piccola percentuale di ciò che leggo. Va bene così: quel poco, che è sempre meglio di niente, spesso mi ha suggerito nuove posizioni da cui guardare il mondo. Cercare di capirne qualcosa di fisica, anche se solo i costrutti concettuali, aiuta a tenere su di giri il cervello ed è fonte d’ispirazione. I pillicusi (quelli che amano pettinare i peli che coprono il buco del culo dei gatti) giustamente, osserveranno che se al posto della fisica ci si mette la pornografia o la religione l’effetto è lo stesso perché, in fondo, è quel “cercare di capirne qualcosa” che influisce sulle Meccaniche Celesti del nostro destino. Hanno ragione naturalmente, perché è proprio così.

Nota per i seguaci di Cesare e di Dio.
Il termine Fipsica non è mio, l’ho scoperto sul forum di Tendencias21, dove un autore che si presentava come “Fipsico”, proponeva quel neologismo e lo supportava con degli esempi derivati dalla teoria dei Fotoni Gemelli e dell’Entanglement quantistico.
Ricordo di aver provato un certo sollievo nel constatare che lui era più sciroccato di me…