«Sergio, i drogati sono dei convalescenti, non dei malati. I drogati cercano di guarire dall’illusione che la vita sia qualcosa di più che crescere, riprodursi, affrontare la transizione verso una dimensione oscura che percepiamo e ci atterrisce. Tutto quello che sta tra questa consapevolezza e il momento della morte è solo arte, ma non tutti hanno la fortuna di scoprirlo.»
Questo brano, tratto dal libro Les Demoiselles d’Avignon, è stato oggetto di osservazioni e contestazioni. Chi non ha sperimentato sulla propria pelle il “male di vivere”, quell’oscuro senso di frustrazione che ti coglie quando apri gli occhi su un nuovo giorno, non può capire il paradosso di considerare i drogati come dei “guariti”. Non c’è dubbio che la droga sia una soluzione che genera un problema, ma pretendere di giudicare gli effetti devastanti provocati dalla dipendenza da queste sostanze senza indagarne le cause, oltre a non essere corretto, fa più danni di quanti ne faccia la droga stessa. Prima di riflettere sulle misure adottate dalla società per proteggersi dai drogati (le comunità di ricupero, salvo eccezioni, fanno esattamente questo), bisognerebbe squarciare il velo d’ipocrisia e malafede che nasconde il vero significato di Droga; poi si potrà anche cercare di comprenderne il senso. Tabacco, alcolici, psicofarmaci, miraggi del denaro, prodotti che condizionano la personalità e quant’altro possa illudere l’individuo di avere uno scopo nella vita diverso dal “mantenersi in vita ed evolvere”, non solo vengono considerati leciti dalla società ma spesso sono promossi per scopi commerciali. Quanto ai danni collaterali delle droghe che la Società sbandiera a supporto delle tesi proibizioniste, vogliamo parlare dei morti causati da farmaci sperimentati sulla pelle dei pazienti o dei milioni di morti causati da ideologie stupide e perverse?
Senza andare troppo indietro nella storia, altrimenti rischio una nausea che poi devo ubriacarmi per farmela passare, qualcuno ha mai contato le morti nel “Bel Paese” causate dall’inquinamento dei terreni da sostanze tossiche? L’elenco delle morti causate dai drogati di denaro e di potere dal dopoguerra a oggi è lungo, quanto quello dei nomi di fantasia che hanno usato per confondere gli ingenui: Progresso Scientifico, Sviluppo Economico, Occupazione, Produttività, Competitività… e che Dio li fulmini, quando si deciderà a tornare dalle vacanze…
Non entrerò nel merito dell’ipocrita idiozia con cui il Legislatore ha trattato questa materia: basta guardare in faccia i paladini del proibizionismo per capire che, o sono degli ingenui o sono fradici della peggiore specie. La Droga intesa come mezzo per alterare le “abituali” percezioni, e di conseguenza i processi di elaborazione cognitiva, è stata il motore della rivoluzione culturale degli anni sessanta e non ha prodotto solo tossicodipendenti ma anche premi Nobel; chi non lo crede, legga l’autobiografia di Kary Mullis (Ballando nudi nel campo della mente, Milano, Baldini & Castoldi, 2000) e scoprirà qualcosa di nuovo riguardo la cosiddetta “scienza ufficiale”.
Il concetto-chiave che vorrei promuovere è che il problema non è la Droga ma l’uso che ne fai; il problema risiede nel perché la vita ti sia così insopportabile da non poter fare a meno di usarla per fuggire dalla realtà, fino all’estrema conseguenza di diventare schiavo di certe sostanze. Lo stesso concetto vale per chi trascorre la maggior parte del suo tempo davanti alla televisione, a un videogioco o con l’orecchio incollato a un telefonino: anche se gli effetti della dipendenza non sono immediatamente evidenti, non per questo risulteranno meno devastanti. Elabora correttamente questo concetto e scoprirai di essere circondato da una moltitudine di illustri e stimati “drogati”.
Nei miei libri mi rivolgo alle anime mezze salve e mezze perse che cercano di tenere la testa fuori dalla palude di spazzatura culturale nella quale sta affondando la nostra tanto celebrata civiltà. Il mio scopo non è fornire “Rotte” per raggiungere un porto piuttosto che un altro: queste sono scelte che ciascuno fa per proprio conto; decisioni libere e autonome delle quali è giusto assumerne in proprio la totale responsabilità. Il problema è che per decidere una Rotta servono delle “Carte Nautiche”, ed è truccando le esistenti e inventandone di nuove che i cartografi del potere condizionano i processi di formazione delle opinioni e dei concetti che inducono le nostre scelte.