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Un uomo che ha trascorso più tempo in mare che a terra; un filosofo del novecento col quale ho condiviso quattro mesi sulla Oscar Senigallia. Camuffo (fu lui stesso a dirmi di chiamarlo così dopo che diventammo amici) mi raccontò che sbarcava il lunario alternando i mestieri di pescatore di spigole nella laguna veneta, motorista navale e contrabbandiere di sigarette. Delle sue lezioni sulla psicologia delle spigole di laguna rimangono solo poche preziose tracce che pubblicherò insieme ad altro materiale che lo riguarda. Ho trascritto molti aneddoti e riflessioni uditi dalla sua viva voce. Una delle sue “perle”, sputata nella scia della nave mentre stavamo bevendo una birra, l’ho pubblicata nella raccolta di poesie Trasparenze.
Quando sbarcai dalla Oscar Senigallia, a lui mancavano ancora due mesi per completare l’imbarco. Ci accordammo per vederci all’American Bar di Chioggia dove lui elaborava le sue teorie: l’idea era quella di scrivere un libro insieme. Avevamo pronto anche il titolo: “Lo sputo nella scia”, una raccolta di riflessioni sulla perdita dell’identità. Purtroppo non rividi mai più quello che consideravo il mio mentore perché, quando tre mesi dopo andai a Chioggia, all’American Bar mi dissero che era morto una settimana prima. Non c’eravamo scambiati alcun recapito: tra noi, la parola e un abbraccio erano più che sufficienti. Non cercai di scoprire chi erano i suoi parenti e me ne tornai a Genova. Ancora oggi mi chiedo cosa avrei dovuto farne di quelle centoventi cartelle dattiloscritte e, ancora, mi do la stessa risposta di trentasette anni fa: “usale per raccontare chi era Camuffo, cosa ha detto e cosa ha fatto”.
Prima o poi lo faro…