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Dark sea-1A futura memoria, Il fumo e l’alcol non sono simboli e nemmeno promuovono romantiche solitudini: li ho incontrati quand’ero giovane e mi sono piaciuti; mi fanno compagnia durante i miei viaggi e non ho ancora trovato una ragione abbastanza convincente per rinunciare al loro discreto conforto. Se qualcuno la conosce, sarei felice di apprenderla, purché non riguardi la salute, la moralità o la natura.
Anche accettando la tassonomia dei vizi cui appartengono l’alcol, il fumo e tante altre belle cose che accorciano la vita anagrafica, credo che San Pietro e Colleghi mi lasceranno passare lo stesso quando sarà il mio turno. Al mondo c’è chi uccide, chi ruba, chi inquina, chi fa il politico, chi stupra tutto quello che si oppone al proprio volere, chi riceve istruzioni da Dio “in persona”, chi conosce meglio di te quello stai pensando; e c’è anche chi ti sorride sempre quando gli sei di fronte e, mentre pensa a come lo stai fottendo, studia il modo per fotterti.
Ognuno cerca d’ingannare l’attesa del proprio turno come meglio crede, anche se pochi accettano di viverla.
Mi sono chiesto spesso quanto il passare degli anni mi abbia rammollito e se non fosse stato più prudente diventare un tranquillo pescatore invece che scrivere. Il problema è che nonostante gli acciacchi della vecchiaia resto pur sempre marinaio e non ho altra scelta che navigare; non importa che sia sopra le immense distese d’acqua degli Oceani o tra gli spazi degli stati di un sistema complesso come l’essere umano.
Per adesso devo accontentarmi della sola vista del mare, ma penso che mi divertirò con questo mestiere: pubblicherò le storie che ho cominciato a scrivere nel 1973 e anche qualche storiella dell’ultima ora.
In questi primi mesi di vita del blog ho monitorato l’indice di reattività agli argomenti proposti e, con mia grande sorpresa, ho scoperto che Dio e le dinamiche mentali hanno suscitato i commenti più interessanti: credevo che Dio ce lo fossimo fumato nel ’68, ma evidentemente non è così. L’idea che Dio possa garantire un futuro meno incerto di quello che la ragione riesce a concepire è ancora forte e diffusa; o forse è l’umanità che, mediamente, è ancora troppo intellettualmente debole per accettare un “non so” come risposta.
Non credo a chi rivendica ipoteche sul futuro e sul destino: si può tornare indietro nel tempo ma non andare nel futuro perché, se regge il paradosso di essere contemporaneamente nel presente e nel passato, millantare relazioni col futuro, per non dire con l’eternità, sarebbe troppo anche per un nomade del tempo e dello spazio.
Quando proprio non posso fare a meno di qualificare qualcosa o attribuire valore a un’azione o a un concetto senza possederne esperienza diretta, preferisco sospendere il giudizio e nei casi estremi, affidarmi all’intuito. Uno di questi casi è il mio rapporto con Dio. Lo chiamo così tanto per capirci, anche se preferirei usare il termine “Origine”. Bene, di fronte alla smisurata offerta di codici divini prodotti dalla storia ho finito per confondermi e credo sia stata la mia salvezza poiché, anche se non ne conosco uno alternativo alle migliaia esistenti, almeno mi sono semplificato la vita e ho allontanato dal mio collo la pesante e ruvida mano del Dio dei miei Padri. Non mi piace l’idea che le mie scelte siano orientate da una supposizione, per quanto divina possa apparire, quindi, sospendo il giudizio sull’idea che ci sia un Dio all’Origine. E poi, se accettassimo di ricondurre l’origine dell’universo a Dio, non credo che potremmo codificarne l’Intento in base alle peculiarità delle specie umana… Avevo quindici anni quando ho rimosso il “bollino blu” dal Dio dei miei Padri, col risultato che la vita, per quanto terribilmente priva di significato, ha cominciato a piacermi.
Strani pensieri affiorano dal fondo del mare nelle notti senza luna…
C’è stato un tempo in cui credevo di possedere dei pensieri, ma avevo torto: i pensieri, le convinzioni e anche i miei umori sono il prodotto di Agenti che “lavorano” nelle zone d’ombra della coscienza; sono “loro” che spesso mi “posseggono”. Per molti anni ho subito i paradigmi di questi parassiti dell’anima cercando di tradurre ciò che percepivo in parole; ma di giorno i conti con la realtà non tornavano mai e, le notti, duravano sempre troppo poco per trovare il giusto stato d’animo per capire che non esiste nessuna Quadra. Mi sono quasi ammazzato per trovare le risposte che cercavo e, quando le ho trovate, mi sarei ammazzato per il tempo sprecato a fare shopping col cervello nella storia, nelle chiese e nei supermercati della cultura.
Come diceva spesso un amico psichiatra in crisi d’identità: “Tu pensi, ma non sei i tuoi pensieri”.
Avrei dovuto dargli retta e beneficiare del parallelismo logico più allettante: “Tu fai, ma non sei le tue azioni”. Immagina che pacchia per chi ha lo stomaco di un inserviente d’obitorio e gli appetiti di un maschio frustrato.
Io sono solo quello che respira, l’oste che serve da bere ai ricordi, la Ratio che impedisce ai fantasmi dell’infanzia di riesumare le spoglie dei sogni infranti contro il muro della realtà; sono l’interfaccia che interagisce con le istanze psichiche di chi incrocia la mia rotta. Anche a molti dei miei pensieri ho tolto il bollino blu…
Il vino della mia cantina non esibisce etichette blasonate e non viene servito ai tavoli, ma è fatto solo con l’uva e costa niente o poco; a tua discrezione: se ti piace alza il calice a Luna e chiedile di raccontarti una storia che duri fino all’alba; altrimenti, dietro l’angolo c’è un bellissimo centro commerciale…
Viro su una rotta che mi porterà lontano dalla costa; verso il mare aperto.
Regolo il timone a vento e me ne vado a dormire.
Spero di svegliarmi col sole.